Dal lago di Garda al Bangladesh
Perché il Bangladesh?
E' una domanda che spesso mi viene posta, quando parlo della mia esperienza con i bambini di strada tokai del Bangladesh.
Forse perché è un paese poco noto, recente e molto molto piccolo. Forse perché nell'immaginario occidentale europeo ad essere veramente bisognosi sono i depredati Paesi dell'Africa.
Il Bangladesh è per me una storia di famiglia, di immagini e racconti che mi accompagnano da quando sono nata. L'albero che è stato piantato per la mia nascita è stato portato dalla mia nonna Rosa, di ritorno dal paese asiatico, dopo un periodo trascorso a trovare suo figlio, mio zio, Riccardo.
Riccardo Tobanelli, mio zio (quasi gemello di mio padre), ha passato quarant'anni della sua vita in Bangladesh, in veste di missionario saveriano ad occuparsi principalmente dei bambini di strada, costruendo case famiglia, centri diurni e scuole affinché i bambini potessero trovare accoglienza e risposta ai loro bisogni primari.
Ma da dove vengono questi bambini detti tokai? I tokai sono i bambini e le bambine di strada del Bangladesh, vivono raccogliendo plastica, carta, stracci, chiodi, ferro, scarpe rotte o qualsiasi tipo di materiale che possa essere riciclato e che quindi abbia qualche valore. Il materiale viene venduto a negozi specializzati nella separazione e riciclaggio. È un lavoro che porta i bambini a vivere tra una discarica e l’altra e sui bordi della strada, alla continua ricerca di qualcosa che seppur scartato abbia un minimo valore che comunque gli permetta di racimolare qualche soldo per poter mangiare. Costoro raramente sono orfani, la maggior parte di essi, tra i sei e quattordici di età, è abbandonata dalle famiglie di origine. Fin da piccoli devono gestire la propria vita in condizioni di degrado fisico e ambientale estremo. In più devono sopravvivere in un deserto emozionale come conseguenza dell’abbandono che li indurisce e li rende spesso incapaci di ricostruire relazioni significative. Le poche relazioni con il mondo degli adulti diventano spesso relazioni strumentali, il cui punto focale è la contrattazione di merci di scambio. Sono quindi spesso vittime di abusi.
Molti di loro, attraverso il processo di indebitamento presso i negozi di riciclaggio, diventano veri e propri schiavi, costretti a continuare a fare i Tokai senza poter mai estinguere il debito. Esso viene generalmente contratto in molti casi per motivi legati alla malattia, ma anche per
sostenere l’abuso e consumo di colla (una specie di mastice che viene sniffato). I tokai spendono le loro notti o i tempi di riposo dormendo nei paraggi delle stazioni dei treni, sotto i cavalcavia dei grandi incroci o sotto le pensiline di negozi e uffici.
In Bangladesh esiste un’esigua forma di previdenza sociale per i bambini orfani ma molti dei Tokai non sono nemmeno registrati all’anagrafe, questo comporta che per ottenere qualche piccolo supporto è necessario iniziare un lungo, complesso e costoso procedimento burocratico che molto spesso non può essere portato a compimento poiché vengono richiesti documenti e certificati dei genitori, che è quasi impossibile reperire.
Nel 2021 Riccardo è morto in Bangladesh, in seguito ad un'emorragia cerebrale e ci ha lasciato in eredità molte vite, ancora impegnate a sopravvivere e a darsi una forma. Dal 2022 mi prendo un paio di settimane all'anno di ferie per scendere nel paese asiatico, mantenere i contatti, monitorare i progetti, sostenere (ma forse è lui che sostiene me) padre Pierluigi Lupi, che da quando è mancato lo zio si è fatto carico di mandare avanti i suoi progetti.
Quest'anno mi accompagneranno Mattia Di Mento e Giada Chiodi, colleghi educatori con i quali ho condiviso l'esperienza della comunità minori "La ginestra". Il progetto che abbiamo pensato, su indicazione di Lupi, prevede l'installazione di una stampante 3d a Noluakuri, la grande casa dei bambini nella foresta a nord della capitale. Ci piace molto l'idea di portare la nostra esperienza di educatori in un contesto che è allo stesso tempo così simile e così diverso e poter osservare la differenza di reazioni, l'emergere di nuove possibilità.
Riteniamo che per questi bambini, cresciuti deprivati di tutto, sia fondamentale imparare ad immaginare cose a loro sconosciute che possano aiutarli a riempire di contenuti le loro speranze.
Evita
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