L'armatuta.

 I miei racconti sul Bangladesh sono caratterizzati da alcune narrazioni su alcune fatiche specifiche: lo sporco, i letti che sono assi di legno, il pesce che sa di fango e le zanzare.

Le zanzare bengalesi quasi non le vedi, ma loro vedono benissimo te. Hanno il potere di infilarsi nella zanzariera posta sopra il letto mentre tu la stai rotolando, riescono a pungere sotto i tessuti e se non ci riescono pasteggiano voracemente con i centimetri di pelle scoperta che trovano.

Per le notti bengalesi ho istituito l'armatuta, indosso i pantaloni, le calze, una maglietta a maniche corte e sopra una felpa, mi infilo nel letto con il cappuccio sul capo e mi fascio il viso con una sciarpa. Lascio scoperti solo gli occhi. Finita la vestizione faccio una piroetta e una preghiera all'universo affinché mi faccia riposare almeno qualche ora. Le zanzare mi osservano, non le vedo, ma sento l'odore della sfida nell'aria. Spengo la luce, accendo la musica per addormentarsi (potrei dedicare un altro post all'insonnia da fuso orario) e attendo. Il nemico è alle porte. Per i primi dieci minuti non succede nulla, inizio a rilassarmi e a sentirmi al sicuro, mi congratulo con me stessa per le strategie che miglioro di anno in anno.

Poi nel silenzio della notte (fatto di clacson e richiami per la preghiera) un ronzio. Solo uno.

Avvisaglia di quel che sarà un campo di battaglia in cui vinceranno sempre loro, perchè io non uccido nessun insetto, temo troppo i risvolti karmici.

Da quando siamo arrivati le zanzare hanno punto solo me. Durante il pranzo di oggi Giada chiacchierava con i saveriani amabilmente, Mattia giocava a scacchi e io mi dimenavo cercando di grattarmi diciotto diversi punti del corpo contemporaneamente. 

36 minuti di pranzo.

Evita 18 punture.

Giada e Mattia 0.

In questa fase della mia vita in cui cerco di capire dove stare per riuscire ad essere chi voglio essere una nuova possibilità mi è balenata nella mente. Lo zampirone umano.

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